27 Novembre ore 20.30 a Como- Sala Carducci “COME FARFALLE”

Come Farfalle…quando la vita diventa un volo

 

Come farfalle quando la vita diventa un volo è la storia di un amore fra madre e figlia. 

Una storia che vuole avvicinare le persone al mondo complicato della sofferenza e suggerire come affrontare i momenti più bui. Se vorrete prenotare il vostro ingresso per questa serata, oltre ad assistere ad una piece emozionante, darete anche una mano alla nostra compagnia che dopo tanti mesi di chiusura vuole ritornare al Teatro. L’evento è finalizzato a sensibilizzare la cittadinanza sulle tematiche relative alla demenza senile e la malattia di Alzheimer.

 

“Dedico questa storia a mia madre che mi ha insegnato come affrontare la sua malattia con leggerezza, senza paura”. 

 

 

Interpreti

Domitilla Colombo e Miriana Ronchetti
Voce del padre, Alessandro Quasimodo
Voce dottoressa, Anna Scialoja

 

Ideazione scenica di Miri Ronchetti
Allestimento scenico Pietro Introzzi

Audio, Federico Zanetti
Drammaturgia e Regia, Miri Ronchetti

Musiche dal repertorio di musica leggera francese anni 1940/60

 

Sito web, Ilaria Leone
Grafica e immagine, Laura Catelli

Produzione Associazione artistica Orizzonti inclinati

 

Recensione a cura della dottoressa Luciana Quaia:

 

Sul palcoscenico, nello spettacolo Come farfalle, la regista e interprete Miriana Ronchetti tenta, in una rapida e coinvolgente successione di scene, di rappresentare gli altalenanti vissuti che contraddistinguono ogni famiglia che si trovi improvvisamente in contatto con la malattia che causa la progressiva perdita dell’identità. Le due attrici e la rappresentazione scenica arrivano a noi attraverso la dimensione poetica.
“Lo fa apposta, non darle retta, è sempre stata un’eccentrica”, sono le parole del padre che trasmetterà alla figlia, dall’altro capo del telefono. Una figlia interpretata dall’ attrice Domitilla Colombo che tenta, nella più totale solitudine, di ascoltare i suggerimenti paterni e correggere quella bizzarra madre che strappa in minuscoli pezzi i giornali, indossa la sottoveste sopra la gonna, chiede un catino… chissà perché. I risultati non sono quelli attesi. Nella rinuncia al progetto matrimoniale per non abbandonare a se stessa l’anziana donna, la figlia si accorge che le parole smarrite non vanno respinte, ma accolte e amate insieme a quegli sguardi, baci, carezze che lei per prima dalla madre ha ricevuto e che ora è giunto il tempo di restituire.
Non è contrastando la volontà del malato che se ne può migliorare l’esistenza, ma è esattamente l’opposto che creerà una nuova relazione tra le due donne. Certo un po’ stramba, come quelle farfalle indicate dalla donna che però non si riescono a vedere.

Ma perché ostinarsi a credere che non esistano? Il male non ha mai l’ultima parola, se lo sguardo va oltre ciò che appare.
Per la donna malata, sognatrice smemorata ma madre attenta e premurosa, l’orologio si è fermato a quel tempo in cui, per soddisfare i desideri della sua bambina, un catino pieno d’acqua diventa il mare in cui pescare.

 

E anche adesso, quando il tempo non ha più importanza, quel gioco può ritornare a essere un dono prezioso, perché l’amore non svanisce mai e, nel buio che avanza, madre e figlia lo possono illuminare gettando nell’acqua canne luminose e cullando i loro sogni in un abbraccio senza fine.